mercoledì 31 marzo 2010

il bastone della pioggia è un bastone della pioggia

ho fatto leggere il romanzo a due persone. non vorrei aprire un dibattito sul realismo magico, ma la sua prima caratteristica è la realtà (no, non la magia: proprio la realtà). che poi è questo che distingue il realismo magico dal fantasy: è reale. stranuccio, magari, ma reale. per cui, presempio, se si parla di un bastone della pioggia, incredibilmente si tratta proprio di un bastone della pioggia. ok, magari parla, mentre in un altro romanzo non parlerebbe; ma resta un bastone della pioggia.
comunque, la settimana scorsa stavo chiacchierando con lettore 1, e intanto facevo disegnini su un foglio (lo faccio sempre); lui mi chiede, cosa stai disegnando?, e io, questo è l’albero di natale nano, questo è il kanji di libro, questo è il bastone della pioggia, quest... e lui: cioè, il bastone della pioggia è un bastone della pioggia?! io pensavo fosse un ombrello! e io: ...
due giorni dopo stavo in macchina con lettore 2, e gli dico ridendo, ma sai che lettore 1 era convinto che il bastone della pioggia fosse un ombrello? e lui, sconcertato: perché, non è un ombrello?!
ora ho due strade, e sono indecisa. se mai qualcuno dovesse pubblicarmi il romanzo (che comunque non è che sia incentrato sul bastone della pioggia, eh) posso scegliere se fare la premessa dell’autore, quella roba in genere serissima in cui l’autore spiega specifica approfondisce blatera etc etc, e scrivere: scusate, era solo per avvertirvi prima che il bastone della pioggia non è un ombrello, è un bastone della pioggia. oppure, aspettare e fare il colpo di scena alla fine del romanzo: cambio il finale, cancello tutto l’ultimo capitolo, e chiudo con l’incredibile rivelazione che il bastone della pioggia è davvero un bastone della pioggia. sconcerto fra i lettori.
nel frattempo il bastone della pioggia ha messo su un’aria un po’ offesa.

domenica 21 marzo 2010

controluce

che sia ancora inverno è evidente, perché nel primo pomeriggio le vostre ombre si allungano sul marciapiede come se fosse quasi il tramonto. se sia alba, o tramonto, o l’altezza massima che il sole può raggiungere per voi, il limite che non può oltrepassare, non lo sai. certo le ombre sono più libere di voi, perché possono convergere dove voi non potete, e toccarsi sull’asfalto quando voi non vi sfiorate. e cammini e le guardi, e si direbbero attaccate, mentre tra voi ci sono sempre quei centimetri di sicurezza che il sole cancella quando vi colpisce alle spalle. pugnalati alla schiena da una luce che crea un contatto assente. ti diverti a oscillare un po’ per vederle avvicinarsi e allontanarsi, sfiorarsi e lasciarsi. le ombre vivono in un’altra dimensione, dove è più facile essere felici. poi lasci che restino a contatto, e le guardi camminare abbracciate, e ti chiedi cosa si stanno raccontando, e capisci che loro parlano quando voi state in silenzio, e restano zitte quando voi parlate, e forse vi ascoltano, vi commentano. e poi ridono di voi. senza malizia, con l’affetto per queste due creature solide, che camminano in verticale invece di scivolare sdraiate, che fanno fatica a superare la gravità e l’attrito invece di lasciarsi galleggiare, che hanno così tanti colori che non sanno usare, che non sanno fondersi. dobbiamo sembrare davvero strani e affaticati e scuri, noi, guardati in controluce dalle nostre ombre.

giovedì 4 marzo 2010

il riparatore di parole

noraneko, al contrario degli umani con cui sta viaggiando, sa che le parole si possono rompere. quando ha provato a spiegarglielo, loro non hanno capito, perché gli umani pensano che si possano rompere solo gli oggetti, le cose solide, e solo di determinati tipi, oltretutto. ad esempio, quando dicono “spezzare il cuore”, per loro è solo un modo di dire, un’immagine astratta, una figura. noraneko avrebbe voluto spiegare loro che i cuori si spezzano eccome, ma ha lasciato perdere perché la sua priorità era cercare di fargli capire che dovevano stare attenti con le parole. che le parole, se usate male, si rompono, esattamente come gli oggetti. e poi ripararle è complicatissimo.
noraneko, quando ancora viveva nella dimensione umana, ha rotto alcune parole. e ha scoperto che in quel mondo non c’erano riparatori. e quindi è stata costretta a rimanere lì, per anni, senza parole importanti, arrangiandosi con dei succedanei. noraneko, ad esempio, ha rotto la parola amare, e poi ha dovuto ripiegare su voler bene, affezionarsi, amicizia e tantissimi altri termini. ma amore, amare, innamorarsi, non è riuscita a ripararle da sola, e non le ha potute più usare.
nella dimensione degli umani non ci sono più riparatori di parole, perché gli umani non capiscono che le parole si possono rompere, e quindi non cercano qualcuno che possa ripararle. a mondo malgrado invece qualche riparatore di parole c’è, ma è difficile da trovare. ora noraneko deve trovarne uno in fretta, perché uno degli umani con cui viaggia, il più importante, ha rotto una parola. noraneko lo ha guardato preoccupata giocare con quella parola per mesi, ha cercato di avvertirlo che rischiava di romperla, ma non c’è stato verso. finché alla fine, quasi con rassegnazione, ha sentito il suono della parola che si spezzava. ora devono continuare il viaggio, che è complicato, pericoloso e pieno di insidie, senza la parola fiducia. ma a noraneko quella parola serve, le è indispensabile per viaggiare con l’umano. e quindi ora sta cercando un riparatore di parole. che ripari fiducia per lui. e, se c’è tempo, che ripari amore per lei.