sabato 24 luglio 2010

beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori (nietzsche)

poiché noraneko, fin dall’inizio del viaggio, aveva fatto del suo meglio per portare gli umani esattamente nella direzione opposta rispetto a quella dove avrebbero finito col ricordare tutto, si capisce come l’essersi ritrovata all’improvviso nella città dei ricordi non le avesse fatto un granché piacere.
guardò il grande arco che portava verso la città nella città che si sdoppiava in due città, con molta irritazione. e visto che quella era la città dei ricordi, dando prova di inusuale ma comprensibile coerenza, ricordò. un sogno che aveva fatto quando ancora si trovava nell’altra dimensione.
si trovava in una specie di paesino sviluppato in salita, con vecchie case caratteristiche e deliziose ringhiere in ferro battuto costrette a stridere fastidiosamente con insegne, macchine e segnali di un postmodernismo già sorpassato nel resto del mondo. uno di quei paesi dove si trovano bottiglie di bevande gassate che si suppone si materializzino lì tramite un varco dimensionale che sbuca sugli anni ’50, per dire.
aveva visto lui e gli altri seduti a un tavolino di un bar sulla piazza che portava al grande arco. dalle porte della città nella città entravano e uscivano, come sempre, le anime che vivevano all’interno del mondo su cui davano le grandi porte dopo l’arco. noraneko sapeva, più per educazione magica che per conoscenza diretta, che nella città nella città vivevano due tipi di anime. le prime, che erano ancora abbastanza nitide e quasi del tutto uguali agli umani, avevano accesso all’esterno, al paesino. le altre, molto più sbiadite, per quanto nell’aspetto identiche alle prime (ognuna aveva il suo doppio perfetto), avevano invece accesso all’interno, a qualcosa che stava dentro il mondo dopo il portone dopo l’arco, e che solo loro potevano vedere. quindi, di fatto in quel paesino vivevano tre tipi di esseri: gli abitanti del paesino, totalmente all’esterno; le anime della città nella città che si potevano spostare dall’interno al paesino; le anime della città nella città che si potevano spostare dall’interno all’ancora più interno. tra la parte media e le due parti estreme c’era una possibilità, seppur limitata, di comunicazione. tra le due parti estreme, no.
noraneko temeva l’interno ancora più interno come si temono le cose che non si conoscono ma non promettono tanto bene, e così aveva accolto con parecchio nervosismo e dichiarata ostilità la notizia che le aveva dato lui, tutto orgoglioso e soddisfatto: gli avevano proposto un lavoro da chef nella città nella città, ovviamente solo nella parte in contatto col paesino, e lui aveva accettato. in qualche modo, nel sogno, per controllare la situazione e cercare di prevenire disastri, era riuscita a ingannare le anime guardiane e a portarsi all’interno dell’interno, spacciandosi per un’anima che aveva accesso alla città nella città, ma cosa si fosse trovata davanti, e come avesse fatto ad uscirne, non lo ricordava. il sogno si concludeva con le sue preoccupazioni spazzate via da un uragano che si stava abbattendo sul paesino.
ora noraneko si trovava fuori da un sogno, ma dentro la città dei ricordi, davanti al grande arco; con tutti quegli umani a cui badare, tutti quei ricordi da allontanare, tutte quelle anime che si spostavano dentro e fuori e dentro nel dentro; e aveva la netta impressione che a breve avrebbe avuto a che fare con l’equivalente di un uragano.

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