lunedì 19 agosto 2013

di marco pierre white, mensa da college e cricket bat

nell'estate del 1989 marco pierre white e io eravamo entrambi a londra. lui scriveva la storia della cucina inglese in un ristorante chiamato harveys, primo inglese e più giovane three michelin starred chef ever; io la cucina inglese la mangiavo, nella mensa di un college a moor park, per strada, ovunque mi capitasse. tranne che da harveys: i miei genitori non mi avevano dato abbastanza soldi nemmeno per telefonare (e mi ricordo memorabili conversazioni con estenuati centralinisti inglesi per fare chiamate a carico del destinatario), figuriamoci per mangiare in un ristorante addobbato di stelle michelin come un albero di natale.
comunque all'epoca avevo tredici anni, non avevo idea di chi fosse marco pierre white, e quindi non ci ho sofferto molto. la mensa del college a moor park mi andava benissimo, così come tutto lo street food che riuscivo a raccattare con gli spicci avanzati dal biglietto della metro. in effetti, di quel variegato gruppo di un centinaio di minorenni italiani, lasciati sciamare liberamente per londra, io ero l'unica a cui la mensa del college andasse benissimo. non è che mi accontentavo: è che proprio mi piaceva. mi piaceva il cibo inglese. mi piaceva fare colazione con roba che normalmente neanche a pranzo, mi piacevano i dolci, mi piaceva tutto. e non era solo il cibo. mi piaceva l'architettura, mi piacevano i vestiti, mi piacevano i cappelli, l'atteggiamento, la fila. mi piaceva proprio, davvero, tutto. era la prima volta nella mia vita che andavo all'estero, la prima volta che viaggiavo senza la mia famiglia, la prima volta che prendevo un aereo, la prima volta di un bel po' di cose. ed era tutto spettacolare.
qualche giorno fa, alla fine della terza bottiglia di vino, con tutte le facoltà mentali, compresa quella destinata all'uso della lingua inglese, parecchio ottenebrate, ho cercato di articolare a un po' di inglesi, tra cui una cuoca, perché, in my opinion, paragonare marco pierre white a tutti quelli che sono venuti subito dopo e oggi sono strafamosi, da gordon ramsay a heston blumenthal a etc etc, è impossibile. credo di aver declamato una frase che suonava più o meno così: you can not compare some chef with a revolutionary man; you can not compare interesting, but mere consequential effects, with the only one original cause. che in qualche modo tra ubriachi aveva un senso, davvero.
quell'estate lì è stata l'ultima da preadolescente. quel cibo lì ha chiuso una parentesi. la cucina della mia infanzia è iniziata siciliana, è continuata romana, è finita inglese. dice lo chef che a tree without roots is just a piece of wood; (a cricket bat with roots is only a tree, aggiunge il saggio). io al momento non ho più radici da nessuna parte, e magari sarà per questo che non mangio più un granché. se qualcuno lo conosce, cortesemente, gli chieda cos'è qualcosa between a tree and a cricket bat, anche se presumo che la risposta sia, solo un inutile e incompiuto semilavorato.
(p.s. e gli chieda anche dove trova quelle assurde scarpe a scacchi: le adoro).

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