domenica 9 febbraio 2014

dostoevskij, plushenko

non mi ricordo con sicurezza quale sia stato il primo. credo, le notti bianche; ho la vaga memoria di averlo trovato nella libreria di mia nonna, forse durante le feste di un qualche natale di quando ero piccola. quale che sia stato il primo romanzo russo, so quello che ho pensato ogni volta che ne ho letto uno: che io, dei russi, non riuscivo a capire niente. non che non mi piacessero. li ho adorati. da poco ho letto limonov, nel senso i libri di, e nel senso il libro su, ed è sempre la stessa storia: io, dei russi (russi, poi sovietici, poi di nuovo russi), non riesco a capire niente. la storia russa. la letteratura russa. ma anche la gastronomia russa, la personalità russa, l'architettura russa. la russia, insomma. anni fa sono stata sfiorata dall'idea di studiare il russo, poi ho optato per il giapponese perché invece i giapponesi, pur avendoli studiati meno, pur avendoli letti meno, pur essendomene, in effetti, interessata meno, li capisco. prima o poi studierò il russo.
oggi ho dato un'occhiata al canale su cui trasmettono le olimpiadi invernali. c'era il pattinaggio artistico su ghiaccio. mi sono fermata e ho aspettato. finché è arrivato. evgenij viktorovič pljuščenko. e l'ho osservato, come ho fatto per anni, da sempre, dalla prima volta che l'ho visto sul ghiaccio, da quando ancora i miei pattinatori preferiti erano altri, da quando ancora mi stava pure un po' antipatico, da quando ancora facevo fatica ad ammettere che nessuno aveva mai pattinato come lui. 
ecco, i russi non sono facilissimi da capire, per me. ma c'è una cosa che mi è sempre stata chiara. c'è un tipo di bellezza, di bellezza perfetta, di struggente bellezza perfetta, che è solo loro. non c'è nessun altro al mondo. non c'è nessun altro sognatore, nessun altro maestro, nessun altro zar del ghiaccio. non c'è nulla che separi le notti bianche di dostoevskij dal ghiaccio bianco di plushenko. sono la stessa bellezza.

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