venerdì 29 maggio 2015

città dolente - finché non ci sbatti il muso

l'uomo in uniforme verde, la donna in pigiama e vestaglia bianchi a motivi blu. seduti sui gradini di una scala esterna, a fumare. è l’una di notte. l’uomo in verde fuma perché aiuta a restare sveglio quando ha la lunga, anche se dopo tanti anni, dice, è abituato, non fa nessuna fatica. la donna invece fuma perché non ci riesce, a dormire. perché quando ti viene diagnosticata una malattia neurodegenerativa, per quanto di giorno il tuo umore tenga benissimo, di notte all’improvviso si creano delle crepe. sono molto sottili, ma grandi abbastanza perché una parola bidimensionale come sclerosi ci scivoli dentro.
in questa fase la donna non la usa ancora. finché non usi le parole non impari a controllarle. per qualche giorno, anche dopo che sarà stata dimessa, continuerà a non usarla. la sua malattia ha molti nomi; non è una forma particolarmente nota, non è quella che fa paura a tutti e che tutti conoscono, non è nemmeno quell’altra, che fa ancora più paura. può usare altri termini e nessuno capirà di cosa si sta parlando. le ci vorrà almeno una settimana per iniziare a dirlo. le ci vorrà ancora più tempo per iniziare a scriverlo.
ma in questo momento, seduta sui gradini a fumare con un infermiere, non ha necessità di usare parole che ancora non ha assorbito. gli infermieri tanto lo sanno. gli infermieri sanno tutto. il reparto è loro. il medico ti cura, l’infermiere si prende cura di te. in un reparto come neurologia, non è davvero un dettaglio. qui ci sono persone che non riescono a parlare e muoversi, anziani che non sono autosufficienti, adulti che devono fronteggiare roba strana. e pesante.
e poi ci sono donne che ciondolano in vestaglia bianca a motivi blu e, non sapendo bene come impiegare il tempo tra una risonanza e un’elettroneurografia, cazzeggiano. che è sempre una nobile attività. può succedere di essere l’unica in quella fascia d’età in tutto il reparto. l’unica che riesce o che vuole camminare per chilometri. l’unica che fuma. l’unica che ci tiene ad arrivare al bar da sola, la mattina, anche se per fare trecento metri in questa fase le ci vogliono venti minuti. all’andata. altrettanti al ritorno.
gli infermieri qui devono essere in grado di rifare un letto e di assistere un neurologo durante una rachicentesi. devono essere capaci di aiutare una signora totalmente paralizzata e di far ridere una tipetta in vestaglia, che la mattina, appena sveglia, ha i muscoli talmente irrigiditi che ai primi passi che fa in corridoio viene salutata da un infermiere con un allegro, ciao, zombie. e lei scoppia a ridere perché, si rende conto, è vero, appena sveglia cammina proprio in quel modo.
gli infermieri non sono matti, ne sanno molto più dei medici sui pazienti. sanno con chi possono farlo e con chi no, sanno a chi questa cosa farà bene. a lei fa bene. anche dopo che sarà stata dimessa, le mattine particolarmente dure, quando alzarsi e iniziare a muoversi sarà un disastro, le verrà in mente una figura in verde che le dice, ciao, zombie, e ricomincerà a ridere.
la gente non lo sa, dice l’uomo in verde. le ha appena detto che il loro non viene considerato un mestiere usurante. lei lo ha guardato sconcertata. lo vede tutti i giorni, il culo che si fanno, dal lavare e cambiare i pazienti al fare i prelievi all’assistere i medici al far seguire le terapie all’accorrere appena premi il pulsante rosso, per qualsiasi motivo, a, semplicemente, tutto. compreso far ridere le persone di prima mattina. compreso far loro compagnia all’una di notte. ma la gente non lo sa, dice l’uomo in verde. la maggior parte pensa che gli infermieri non fanno niente. sai quando se ne rendono conto? quando, purtroppo per loro, stanno male e devono essere ricoverati. allora iniziano a capire. ma, scuote la testa, finché non ci sbatti il muso, e non completa la frase.
la donna lo guarda in silenzio. tra circa cinque ore verrà svegliata, ammesso che nel frattempo sia riuscita ad addormentarsi, da un infermiere che le farà un prelievo. poi un infermiere le dirà se e quali esami ha in giornata, se potrà o no fare colazione. se dovrà fare un esame pesante, l’infermiere controllerà per tutto il giorno come sta, se sta avendo problemi col mezzo di contrasto, se è il caso che provi a mangiare dopo la gastroscopia, le spiegherà come comportarsi per limitare i postumi da rachicentesi. nel frattempo le rifarà il letto. le porterà l’acqua, e una cannuccia, se non riesce a muoversi. le farà l’iniezione e le farà prendere la prima compressa e le farà prendere la seconda compressa. sarà lì anche se semplicemente a un certo punto le scenderà giù una lacrima.
finché non ci sbatti il muso.

2 commenti:

Bandini ha detto...

più che zombie ti vedo più con un'andatura alla mostro di Frankenstein, ma l'infermiere la sa sicuramente più lunga di me.
(sugli infermieri hai ragionissima)
Avrei tante cose da chiedere, ma invece aspetto di leggere tutto quello che avrai da scrivere. Intanto però grazie. Leggerlo non equivale a sbatterci il muso, però quantomeno un piccolo indolenzimento lo provoca, e te ne sono grato.

(s.) ha detto...

mi ci vedo un sacco a ballare con gene wilder puttin' on the ritz. ho anche il bastone adatto. però canto meglio.